Sono ancora vivi Zak e Mika, i due cuccioli di foca di soli sei mesi di età in lista soppressione per lo scorso 15 settembre.
Di loro avevamo parlato in questo articolo, invitandovi a diffondere la notizia e a firmare la petizione. La nostra indignazione, sommata a quella di decine di migliaia di altri, è dopo un po’ di trambusto servita a fermare l’eutanasia per i cuccioli.
Care2, tra gli altri, aveva dichiarato qualche ora fa che le piccole foche erano, per il momento, relativamente al sicuro proprio grazie all’indignazione generale causata dalle motivazioni della loro eutanasia: la chiusura dell’acquario.
Zak e Mika erano infatti stati prelevati in natura la scorsa primavera dallo stesso dipartimento governativo che si occupa di pesca e oceani, il DFO-MPO, e successivamente cedute all’Aquarium des Iles in Quebec per essere esposte al pubblico durante la stagione d’apertura.
I gestori dell’acquario avevano accettato i due cuccioli sapendo bene che non sarebbero stati rilasciati in natura alla chiusura della struttura ma, al contrario, “distrutti in nome della ricerca”.
Una ricerca che sembra mietere più vittime di quante ne salvi.
Nonostante la norma preveda che gli animali prelevati per una stagione possano essere rilasciati in natura al termine di essa, dopo 25 anni il Dipartimento per la Pesca aveva sostenuto che i due cuccioli avrebbero potuto “contaminare” altri esemplari.
“C’era questo rischio prima e siamo solo stati fortunati che non sia accaduto? Non lo so. Ma ora conosciamo i rischi e non abbiamo più l’autorità per lasciarli liberi”, aveva dichiarato il presidente dell’acquario Jean-Michel Leblanc a Radio Canada, la scorsa settimana. “La soluzione è analoga a quella che prenderesti quando hai un animale domestico che non vuoi più tenere. Per limitare la sua sofferenza, lo sopprimi”.
Considerato come la pensa Leblanc in merito agli animali domestici, non stupisce che per lui sia così semplice eutanasizzare un paio di foche.
A rendere nota la notizia della soppressione era stato un dipendente dell’acquario, che aveva subito contattato le principali organizzazioni animaliste. L’Island Wildlife Nature Care Centre di Salt Spring Island, in British Columbia, si era fatto avanti per offrire il suo aiuto.
Il suo fondatore, Jeff Lederman, aveva dichiarato: “Non ho mai sentito di una situazione simile. Non penso che nessuno lo abbia mai fatto. Ecco perché abbiamo raggiunto oltre 130 mila firme alla petizione. Le persone sono arrabbiate”.
Anche IFAW aveva offerto fondi e strutture per restituire alla natura Zak e Mika: l’opzione era di trasferirli all’Atlantic Wildlife Institute di New Brunswick per la riabilitazione prima di rilasciarli nella Baia di Fundy.
Ma l’acquario, apparentemente, aveva avuto un’idea migliore. La struttura aveva dichiarato sulla sua pagina Facebook che Zak e Mika non sarebbero stati distrutti, ma per rilasciarli aveva anche chiesto denaro. Con l’ottenimento dei fondi richiesti, le due baby foche sarebbero state caricate su un aereo per raggiungere l’acquario di Océanopolis di Brest, in Francia. Da prigione a prigione.
“Siamo consapevoli della petizione recentemente lanciata per trovare una soluzione a questa situazione. Per garantire il benessere di Zak e Mika e trasportarli in un nuovo acquario, cerchiamo urgentemente supporto finanziario da tutte le persone che hanno firmato la petizione per raggiungere la somma di 73 mila dollari. Questa somma corrisponde al costo giornaliero per il cibo, a quello dei dipendenti che si occupano delle foche e della loro dieta, delle infrastrutture, e degli elementi essenziali a garantire il loro benessere fino al trasferimento”.
Nessuno aveva gridato al miracolo e, anzi, la comunicazione era suonata piuttosto come una richiesta di riscatto.
“Sembra che tengano le foche in ostaggio, come se dicessero: ora che siete arrabbiati, dateci dei soldi oppure le uccideremo”, aveva commentato Michelle Cliffe di IFAW.
La storia di Zak e Mika la dice lunga sulla detenzione in cattività di animali marini. Una routine a cui è assolutamente necessario porre fine.
Le ultime ore sono state febbrili e, nonostante le incertezze presenti fino a ieri, la situazione delle due baby foche si è risolta con successo. In nottata (ora italiana) l’Aquarium des Iles ha finalmente confermato in uno status Facebook di aver ricevuto l’autorizzazione ministeriale per reinserire in natura i due piccoli.
Le proteste internazionali, l’indignazione e le firme alla petizione hanno funzionato: un messaggio chiaro per tutti coloro che pensano che lottare così non porti mai ai risultati sperati. Può essere senz’altro difficile, ma non deve per forza finire male.
Vittoria!
Foto: repertorio (fonte Flickr).
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SI!!!!!
Bellissimo che meraviglia!
Sono felicissima della conclusione dell’evento ma sono inorridita da quanto letto.
“…… il presidente dell’acquario Jean-Michel Leblanc a Radio Canada, la scorsa settimana. “La soluzione è analoga a quella che prenderesti quando hai un animale domestico che non vuoi più tenere. Per limitare la sua sofferenza, lo sopprimi”.”
Questo signore parla degli animali come una cosa che ti ha stufato e allora la getti via. Molta gente purtroppo la pensa così ma chi ha un animale domestico e lo ama, sa che non è una cosa ma una creatura degna di rispetto e attenzione e la sua vita è sacra come quella di chiunque. Questo vale per ogni animale, domestico e non. Mi chiedo come possa una persona così rivestire un ruolo che contempla la vicinanaza e il lavorare con gli animali. Se vogliamo proprio trovare un’utilità a questi lager potrebbe essere incrementare la cultura per il rispetto verso l’altro, insegnare ai bambini il rispetto e come avvicinarsi agli animali.
In questi posti non ci vogliono i manager ma i manager con il cuore: lo so, è quasi impossibile!
siamo ugualmente inorriditi.
meno male!!!!
VITTORIA!!!!!!!!!!!!!!!!EVVIVA!!!!!!!!!!