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Orango stretti in un abbraccio salvati in extremis prima di essere uccisi: foto
Vediamo foto terribili ogni giorno. Foto che indignano, che fanno male, che rendono furiosi, che disgustano. Ma l’immagine – le immagini, che potete vedere qui, perché il video non sembra purtroppo disponibile per l’Italia – di questi due orangotango, madre e figlio, stretti in un abbraccio disperato mentre i cacciatori di scimmie li circondano trionfanti, davvero riescono a spezzare qualcosa dentro.
Il video, per chi riesce a vederlo, mostra mamma orangotango (incinta) e il suo piccolo mentre vengono miracolosamente salvati per il rotto della cuffia dalle grinfie dei cacciatori di scimmie del Borneo. Il fatto è accaduto all’inizio del mese, ma viene reso pubblico solo ora.
A soccorrere i due condannati a morte – ben coscienti del destino che li attendeva, a giudicare dalle foto, a discapito di chi pensa che gli animali non abbiamo consapevolezza di sé e del mondo che li circonda – è stato un team animalista locale che cercava superstiti nell’area. I volontari si trovavano sul posto perché funestato da continue uccisioni di scimmie nei pressi di una piantagione di olio di palma.
L’esperta di primati dottoressa Signe Preuschoft, che si trovava sul posto al momento del fatto, ha dichiarato al Daily Mail: “Il nostro arrivo non poteva essere più preciso. Nell’arco di pochi minuti quegli orango avrebbero potuto essere morti. Abbiamo scoperto una banda di uomini che li circondavano e le due vittime erano pietrificate dal terrore. I cacciatori intanto festeggiavano pensando ai soldi che avrebbero guadagnato per aver ucciso gli animali”.
Si mormora da tempo che le compagnie produttrici di olio di palma paghino “personale” per uccidere i primati, considerati alla stregua di parassiti.
I teschi di orango vengono venduti in un disgustoso mercato internazionale, e in più c’è la piaga del commercio illegale di cuccioli strappati alle loro madri morenti. Il WWF stima che annualmente siano tra i 200 e i 500 gli orango del Borneo che vengono venduti. Inevitabilmente, la mamma viene sempre ammazzata quando si cerca di rubarle il piccolo.
A soccorrere questi due disperati esemplari sono stati i volontari dell’associazione Four Paws. Mamma e piccolo sono stati trasportati lontano in modo da poter essere rilasciati subito in un’area remota dove possono essere più al sicuro. Entrambi sono stati registrati e si cercherà di seguire i loro spostamenti per accertarsi che si adattino al nuovo ambiente.
Nel corso degli ultimi 20 anni, l’habitat degli orango del Borneo è stato ridotto del 55% e la stessa percentuale di declino si verifica nella popolazione delle scimmie. Secondo il WWF, sono rimasti solamente quarantamila esemplari di orango del Borneo. La specie è minacciata dalla caccia e dalla perdita dell’habitat – cosa che avviene quando le foreste vengono bruciate per far posto a piantagioni di olio di palma.
Nella foto: mamma orango stringe a sé il suo piccolo mentre i cacciatori si avvicinano.
Varenna, Lecco: gattina sventrata da laccio dei bracconieri
Riproponiamo senza alcuna modifica la lettera pubblicata dal dottor Davide Fabio Bignato, Conservatore del Museo di Ornitologia e di Scienze Naturali “Luigi Scanagatta” di Varenna, in provincia di Lecco.
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Spett.le Testata Giornalistica
Sono il Dr. Davide Fabio Bagnato, Conservatore del Museo di Ornitologia e di Scienze Naturali “Luigi Scanagatta” di Varenna, vorrei poter spendere due righe per raccontare quanto ho visto nella serata di Giovedì 17 Novembre 2011 alle 19.00 circa, presso la clinica veterinaria del Dr. Giacomo Gianola ubicata a Primaluna. Qualcosa mi ha lasciato sbalordito e, per l’ennesima volta, molta rabbia in corpo.
Verso le ore 19.00 di Giovedì 17 Novembre 2011, nella clinica veterinaria del Dr. Giacomo Gianola sita in Primaluna Valsassina, arrivava una gattina “selvatica” con meno di un anno di vita completamente sventrata da un laccio utilizzato dai bracconieri per la cattura di selvaggina.
La gattina (come raccontato da chi l’ha soccorsa) si è trascinata fino ad arrivare sul ciglio d’ingresso di un’abitazione a Crandola in Valsassina (come per chiedere aiuto) e subito soccorsa, veniva trasportata in clinica per le urgentissime cure. Appena visitata veniva liberata della “trappola mortale” che la stava uccidendo. Pur avendo perso molto sangue, la professionalità del medico con l’aiuto di un autista fuori servizio dell’Autotrasporti Lecchesi (Bagnato Ivan), ha permesso un primo intervento che sorprendentemente anche per il sottoscritto si è rilevato determinante permettendo alla gattina di uscire da una fase critica. Essendomi recato in clinica anche nei giorni successivi mi sono appurato che la gattina incredibilmente ora è in fase di guarigione con possibile scioglimento della “prognosi riservata”.
La cosa ovviamente pur non essendo un fatto isolato merita una riflessione sul perché queste persone “i bracconieri” si debbano accanire soprattutto contro chi non si può difendere. PREMETTENDO che il bracconaggio non è uno sport, una necessità per il proprio fabbisogno alimentare,un attività ricreativa, allora che cos’è? crudeltà e ignoranza gratuita?? DIREI proprio di sì!
Esistono delle leggi ben precise che proibiscono questo tipo di attività, ma probabilmente non basta e questi atti criminosi persistono indisturbati.
Inoltre c’è da dire che la “trappola” alla quale è caduta la povera bestia, essendo un qualcosa che sicuramente doveva essere stata posizionata a pochi passi dai caseggiati (la gattina non avrebbe potuto trascinarsi a lungo perché si stava sventrando mentre deambulava a fatica), avrebbe potuto far del male anche a un bambino o ad un adulto (inciampandoci perché si avvolge sull’arto).
Essendo Conservatore di un istituzione Museale indirizzata alla tutela della natura e dell’ambiente, non è la prima volta che vedo e sento queste cose. Ogni volta è sempre la stessa sensazione : una forte rabbia. Perché distruggere la vita di innocenti animali che nella loro vita non hanno avuto nessuna colpa???. MI PIACEREBBE CHE PROVASSERO SU DI LORO LE STESSE E ORRIBILI TORTURE A CUI VENGONO SOTTOPOSTI PER IL LORO SADICO PIACERE.
Sostengo che il bracconaggio sia una realtà che meriterebbe maggiore attenzione e che certa gente valuti la possibilità di andarsi a far curare da qualcuno molto paziente e capace.
Cosa fare??: l’attività di prevenzione deve essere incentivata.
Vedere un animale soffrire è indescrivibile : sentirlo “piangere”, dimenarsi e cercare aiuto. Vorrei tanto che stessero loro a far di tutto per confortare il dolore di un animale squartato, parlando con calma per non farlo sentire solo e cercando di alleviargli il dolore (non solo attraverso i farmaci ma anche con carezze e cure). Chi sostiene che gli animali siano meglio di certi “personaggi” che si incontrano in giro, ha proprio ragione!
L’ambiente della caccia non deve venire accusato qui si parla di “criminali”. Mi fà piacere che diversi cacciatori segnalino e contestino attività come queste; mi auguro che il buon senso prevalga invitando i “bracconieri” a farsi un esame di coscienza.
Arezzo: avvelenatore di animali colto sul fatto
È stato colto sul fatto un avvelenatore di animali, ad Arezzo: stava ispezionando i risultati delle polpette avvelenate che aveva sparso sul territorio.
L’uomo - iniziali E.M., come sempre nome NON in chiaro – ha 63 anni e risiede a Monte San Savino. È stato denunciato dalla Polizia Provinciale che, nello stesso giorno, ha anche sorpreso un bracconiere (M.F., 62 anni) che in frigo deteneva corpi senza vita di numerosi uccelli protetti: probabilmente intendeva imbalsamarli.
Il 62enne avvelenatore è stato denunciato all’Autorità Giudiziaria per gravi atti di crudeltà e maltrattamento nei confronti degli animali. Immediatamente gli sono state contestate le ovvie sanzioni amministrative, mentre il carcere sembra – come sempre – una possibilità assai remota.
Nella foto: l’occhio fisso nel vuoto di un animale ucciso da un boccone farcito al veleno.