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San Francisco, troppi coyote. I cittadini: uccideteli. Le istituzioni: convivete in pace
San Francisco: una città che prende il nome da San Francesco, e che cerca di portarne avanti gli insegnamenti. Anche a dispetto dei suoi cittadini.
Nella cittadina americana vi sono 180 mila cani padronali, un numero imprecisato di randagi e tanti coyote. Troppi, per i cittadini, che li vorrebbero catturati e soppressi.
I coyote si sono fatti più baldanzosi e, considerata la perdita di habitat e la necessità di trovare qualcosa con cui sfamarsi e luoghi in cui nascondersi, hanno deciso di popolare i parchi cittadini. E qualche volta anche i giardini privati.
I cugini selvatici dei cani si sono trasferiti dalla California del nord a San Francisco nel 2004, e nel corso degli anni si sono riprodotti e fatti più numerosi.
USA: le istituzioni uccidono oltre 50,000 animali. Accidentalmente
In natura, gli ecosistemi attraversano fasi cicliche per poi assestarsi in un equilibrio sostenibile di predatore-preda. E sebbene questa danza infinita di armonizzazione ecologica è antichissima, è molto più perfetta di quanto l’uomo sarà mai in grado di fare.
Una recente investigazione da parte del Sacramento Bee ha messo in luce alcuni terrificanti dettagli relativi ad una piccola agenzia federale, interpellata al fine di eliminare un ampio numero di alcune tra le specie animali più iconiche del Nord America. Secondo il Sacramento Bee, il Wildlife Services – una branca del Dipartimento dell’Agricoltura, ha portato avanti una vera e propria campagna di sterminio nei confronti di svariate specie – il tutto, ironicamente, nel nome della conservazione ambientale.
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Storia del veterano di guerra che salvò il coyote ferito
La storia originale, in inglese, può essere letta a questo link.
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“Gordon Tripp tornò a casa dopo la Seconda Guerra Mondiale e sposò la sua fidanzata di sempre, Barbara. Insieme divennero i proprietari di un albergo, il Glen Isle Resort.
Gordon morì qualche anno fa, mentre Barbara continua a gestire la struttura. Ho avuto la fortuna di essere amico di Gordon, che ha condiviso la sua storia con me.
Una notte udì un animale piangere e uggiolare dalla veranda dell’albergo, e uscì per vedere se c’era un cane che aveva bisogno di aiuto.
Non era un cane, ma un giovane esemplare di coyote. Era stato ferito da un porcospino e aveva muso e bocca pieni di aculei.
Gordon si procurò una pinza e si sedette accanto al coyote, che gli permise di estrarre, uno ad uno, tutti gli aculei. Se chiunque legga queste parole ha mai avuto un cane ferito da un porcospino, sa quanto speciale sia questa storia. Di solito, due uomini molto forti faticano a tenere fermo un cane mentre gli si levano di dosso le spine – i veterinari, infatti, preferiscono sedarli e poi intervenire.
Ma quel coyote si mise seduto e permise a Gordon di togliere uno ad uno tutti gli aculei senza alcuna anestesia.
Ho sempre guardato Gordon con occhi diversi da quando ho saputo di questa storia. Sebbene sapessi che era una persona speciale, scoprire come questa creatura selvaggia era arrivata a lui e si era fidata a sufficienza da farsi salvare (il coyote sarebbe morto di fame e di sete), mi ha fatto capire che Gordon non era solo un uomo pieno di compassione, ma che possedeva anche un po’ di magia – una di quelle magie che portava da lui persino gli animali che avevano bisogno di aiuto.”