[VIDEO] Pulcini maschi: ucciderli subito, non servono a nulla
Riportiamo a seguire, senza commenti, l’articolo pubblicato dal bel sito Unhappy Animal in merito alla gestione, per così dire, dei pulcini maschi all’interno delle fabbriche di uova. Allevamenti intensivi o biologici, galline in gabbie o allevate a terra poco importa: nell’industria delle uova i maschi non servono, e per questo vengono uccisi subito.
Come ben sottolineato nell’articolo, vengono prodotte “venti tonnellate di cadaverini implumi a settimana”.
Una catena di montaggio e smontaggio in cui esseri senzienti e sensibili, perfettamente coscienti della vita e della morte, vengono sistematicamente torturati, abusati, sfruttati fino alla morte. Oppure uccisi prima ancora che possano iniziare a vivere. Perché il diritto di vivere, agli animali, non è concesso.
Anzi, agli animali non è concesso proprio alcun diritto. Da un punto di vista legale, sono cose, oggetti inanimati. E come tali l’industria della carne, del latte e delle uova li tratta.
“COCCONATO D’ASTI — Se la mucca è pazza, il pulcino non se la passa tanto meglio. Se nasce «pulcina» nessun problema: nella vita farà uova. Ma se nasce maschio lo ammazzano subito. E dopo morto, non sanno dove metterlo.
Questa è la triste storia di venti tonnellate (a settimana) di cadaverini implumi. Prima dell’allarme Bse, gli sfortunati maschi diventavano farina animale, oggi sono «scarti di produzione» che la legge definisce ad alto rischio, come tutti gli animali morti prima della macellazione. Il luogo, che è il più grande incubatoio d’Italia, si trova a Cocconato d’Asti, splendido colle con vigneti e nebbiolina d’ordinanza. Bisogna chiarire subito che i titolari della «Valversa» non sono i nazisti delle galline. «I pulcini maschi devono essere soppressi secondo una normativa europea perché non si tratta di polli da carne» spiega Valerio Costa, imprenditore con un bel po’ di uova strapazzate quasi quanto lui. «Questa è la razza delle galline ovaiole, e i maschi vengono eliminati subito dopo la nascita, mica lo facciamo per cattiveria, è proprio inevitabile, non servono a nulla, accade in tutto il mondo».
Il problema, comunque, non è tanto l’esecuzione capitale (col gas oppure, come accade alla «Valversa», mediante una specie di tritacarne a lama). Il problema, ovviamente non dal punto di vista del pulcino, è dove mettere i rifiuti organici, la poltiglia di tamagochi veri e gusci d’uovo.
«Fino a dicembre, pagavamo trenta lire al chilo perché un’azienda di trasformazione ritirasse gli scarti» dice il signor Costa. «Con mucca pazza, da gennaio gli scarti sono stati classificati ad alto rischio ed è assurdo, è un cavillo, un buco legislativo: ma quale rischio, dal momento che le sorelle di questi scarti, per così dire, cioè le nostre galline producono regolarmente uova in tutta Italia?». E qui esplodono anche i costi di smaltimento: da trenta a cinquecento lire al chilo. Qualcuno, forse, ne approfitta, anche perché lo Stato paga robusti rimborsi per le farine a rischio: 720 mila lire a tonnellata. Dunque, ritirare pulcini morti conviene. «Finché, un bel momento, la settimana scorsa la ditta che prendeva gli scarti ci comunica che non ce la fa più». Venti tonnellate di residui a settimana, ovvero 260 mila pulcini maschi. Due camion per volta. Dove metterli? «Per fortuna, il sindaco Carlo Scanio ha attivato le autorità e ha emesso un’ordinanza di smaltimento: per adesso, in via provvisoria, i resti finiscono nella discarica Amiat di Torino». Difficile stabilire le competenze, ed ecco che lo «scaricapulcino» comincia subito.
L’Arpa dice: sotterrarli non si può. «E siamo d’accordo» interviene il sindaco. «Mica possiamo inquinare le nostre colline scavando tanti piccoli cimiteri di animali. L’unica soluzione sarebbe un inceneritore, e non è escluso che dalla prossima settimana vengano usati quelli dei cementifici». Per ora, i due camion carichi di scarti viaggiano da Cocconato a Torino e ritorno, un centinaio di chilometri a botta, ma almeno la catasta non cresce qui e non diventa montagna. «Però c’eravamo quasi» ammette il titolare della «Valversa». Prima di portare i pulcini alla discarica, li avevamo messi persino sui trattori e coperti con i teli. Lo abbiamo fatto in un capannone a quattro chilometri dal paese, per evitare che i cittadini di Cocconato dovessero respirare la puzza dei liquami. Mi sembra evidente che si tratta di un’emergenza».
Anche perché c’è sempre il furbo che prova ad approfittarne. Quando il costo di smaltimento è cresciuto fino a 500 lire il chilo e il materiale è collassato, ecco che si è presentata un’altra ditta. «Ci hanno proposto di ritirare gli scarti a mille lire, ma poi non avevano i mezzi per farlo. Io, comunque, chiuderei bottega anche a 500 lire, e ancora non so quale fattura mi arriverà dalla nettezza urbana». Sessanta persone rischiano il licenziamento e mezza Italia potrebbe restare senza galline, sanissime, e senza uova, ottime.
Nel nostro pazzo paese vivono infatti 36 milioni di galline: metà nascono in un incubatoio romagnolo, metà a Cocconato d’Asti.
Pensate: una «società» in cui i maschi diventano, all’istante, scarti di produzione.
E viene in mente la Gabbianella, con le conseguenti difficoltà tecniche nello stabilire il sesso del pennuto da parte dei suoi amici gatti. Qui è più facile: per i pulcini di razza bianca, dipende dalla lunghezza delle penne.
Per quelli gialli, dal colore: le femmine sono scure e sopravvivono, i maschi sono chiari e rotolano dentro un imbuto.
Ma non si potrebbe farne dei polli, vista anche l’enorme richiesta degli italiani spaventati da mucche e vitelli? «No, perché si tratta di razze diverse. Le galline da uova non producono polli da carne e viceversa. E poi, produrre polli in questo momento è più rischioso che giocare in borsa».
Di sicuro, nessuno deve aver paura di pulcino pazzo, perché pazzo non è.
In attesa della parola definitiva da governo, provincia, regione, Asl e Arpa.
«Mi dicano dove mettere lo scarto di lavorazione» ripete il signor Costa, che metaforicamente cova la metà delle uova italiane dal 1964. Nella gran lotteria del pollaio, ieri si sono schiusi 300 mila gusci. La metà è già dentro un camion, destinazione discarica di Torino. Dove si sta allargando la più immensa e la più triste frittata d’Italia.”
Nella foto: pulcini nel loro ultimo istante di vita, prima di finire triturati vivi.
Di seguito, il video che mostra cosa accade.
Posted on 12 aprile 2012, in Dossier, Go Veg, In lotta per and tagged industria, maschi, pulcini, triturati, uova, video, vivi. Bookmark the permalink. 3 Comments.
IL SANGUE VERSATO DAGLI ANIMALI VI ACCADRANNO TANTE DI QUELLE MALEDIZIONI SULLE VOSTRE FAMIGLIE PRESENTI E FUTURE. PENA DIO MORTE
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